mercoledì 8 maggio 2013

Infinite e variegate manifestazioni


Non ce la faccio più. È più forte di me. Ormai (in effetti da un po') non so più usare la locuzione 'persona con disabilità' (o gli altri orpelli similari), né per me, né per gli altri (né per raccontare della mia condizione fisica; né, certo incoerentemente visto che lo sto facendo, per scriverne). Perché sempre questo bisogno di specificare 'sono oppure è una pcd'? Certo scritto così pare il nome di un insetticida... Non sarà che il concetto di disabilità (e i suoi orridi sinonimi) esiste e persiste solo perché ancora molti credono (crediamo) nel modello 'essere umano omni-abile' e agiamo di conseguenza (anche non agendo...sigh!)? Penso proprio sia così. Credo ora come non mai che esista semplicemente la vita delle persone, nelle sue infinite e variegate manifestazioni. Non sarebbe ora di prenderne pienamente atto, andando al di là di quello che è un inutile e castrante preconcetto, e facendo derivare quindi i necessari e adeguati atti? È il solo modo per favorire il crearsi di occasioni e opportunità  di coltivare interessi e predisposizioni - che vanno sempre al di là delle condizioni più evidenti - per realizzarsi come persona, senza altri epiteti o specifiche di sorta. In fin dei conti per sperimentare la felicità, che - al pari dell'infelicità - è accessibile a tutti. 
(Suggerirei un esercizio di consapevolezza: provare a pronunciare a voce alta la succitata locuzione, o anche solo la seconda parte, più e più volte, articolando bene, lentamente, e stare a sentire che succede fisicamente...)

domenica 2 dicembre 2012

Nessuno!

Non è ottenendo ciò che più ci manca (tanto meno stando nella perenne attesa di ottenerlo) che troveremo la gioia, la serenità, la pace e la tranquillità a cui tanto aspiriamo per considerare la nostra vita degna di essere vissuta, è un'illusione, un auto-inganno. Chi ha molto, chi ha troppo, chi pensa che sia tutto lì e gli altri si fottano, diventa superficiale, inetto, incapace di guardare la realtà e di dare un minimo di senso alla propria vita o meglio di cogliere quello essenziale. Solo partendo dal dato di fatto, dal postulato che la vita è difficile, dura, cruda e non ce n'è un'altra, solo convincendosi di ciò ci si rende conto di essere depositari anche di altre possibilità e potenzialità; e allora, solo allora si può cominciare a sperimentare ciò che riteniamo inderogabilmente giusto. Io non conosco nessuno, proprio nessuno che sia esentato da una qualche difficoltà di una certa rilevanza e durevolezza e con poche o nulle soluzioni di sorta, non chi abbia il dono della salute, non chi non abbia difficoltà economiche, non chi non ha figli, non chi è giovane... nessuno!
La vera chiave di lettura della vita è l'ironia, guardare alle difficoltà e ai problemi con un sorriso, che sia anche amaro, ma un sorriso, per evitare di rimanere schiacciati. Ci si può lamentare, sfogare, piangere finché si vuole perché è salutare, ma ad un certo punto è necessario, è fondamentale ritornare a tenere i piedi ben saldi a terra, che se da un lato significa dare per scontato che i problemi sono sempre dietro l'angolo, dall'altro significa rendersi conto che le sfaccettature positive, forse dietro due o tre angoli più in là, sono più di quelle che pensiamo.

martedì 1 maggio 2012

Voglia di vivere

Sono ormai certo che, senza la distrofia di Becker (...o del beckér*) tra i mitocondri, la mia vita non sarebbe meno dura.
È vero, potrei muovermi come mi pare e piace, alzarmi e sedermi quando m’aggrada o rigirarmi nel letto senza fare ad ogni (quarto di) giro un round di lotta greco-romana (finché ci riesco) o afferrare  le cose senza verificare che pesino meno di cinquanta grammi e che siano più spesse di due centimetri... Probabilmente però starei a correre anch'io come un centometrista inseguito da un branco di lupi affamati per riuscire a far quadrare tempi e bilanci familiari, a sperare - visti i tempi - di non perdere il lavoro, se pur non è proprio quello che mi soddisfa appieno e non è ciò per cui ho studiato. Di sicuro sarebbe una vita più complicata (meno per chi ogni giorno mi fa da piedi, gambe, braccia e mani), più freneticamente ritmata e magari stressata, per trovare i giusti incastri quotidiani, perché la possibilità di stare con gli amici resta in coda sulla tangenziale e la coltivazione dei miei interessi deve appassire di fronte ai figli che invece hanno bisogno del mio interesse per coltivarsi; per cercare di combinare qualcosa di giusto (cioè secondo giustizia) in e per questo mondo pro o regredito che sia, salvo piuttosto far parte di quegli esseri che ingiustamente si vogliono definire umani...
Insomma sì, starei meglio senza la distrofia tra le pa...rti muscolari e non dico che non vorrei guarire da 'sta malattia c'Annibale, ma non mi illudo più che un'eventuale vita da uomo abilmente sano renderebbe di maggior sana e robusta costituzione la mia voglia di vivere, che ora come ora pare proprio felicemente abbondare e di giorno in giorno rinnovarsi.

(*in dialetto bresciano: macellaio)

venerdì 30 marzo 2012

Evoluzioni

In quest'era moderna, postmoderna o quello che è, anche i cani (e i gatti?) hanno imparato a guardare prima di qua e poi di là prima di attraversare la strada.

mercoledì 7 marzo 2012

Equilibrio

Anche quando il mare è calmo la barca ondeggia sempre un po'... salvo che sia incagliata o rimasta a riva.

venerdì 2 marzo 2012

La sabbia


Quante cose dovrei scrivere pensieri, idee, riflessioni, osservazioni...
Chissà se troverò la pazienza e il modo di farlo, forse quella per raccontarlo, perché mi sembra di avere miriadi di piccoli granelli di sabbia sparsi dentro di me, che sembrano tutti separati l'uno dall'altro pur essendo uno vicino all'altro... 
Certo, penso ora che la sabbia è così composta, ma viene percepita come un'unica cosa, che crea una sorta di pavimentazione su cui è piacevole camminare a piedi scalzi, benché magari il passo non sia del tutto sicuro, ma è piacevole sentire che i piedi sono avvolti dalla sabbia, che quei granelli scorrono quando si alza il piede per fare il passo. Sì, la sabbia può anche essere fastidiosa se si è infilata nei vestiti dopo che ci siamo seduti o sdraiati su di essa...
Eppure in ogni caso è la sabbia come cosa unica, un unico insieme, con le sfumature che fanno le piccole dune, le orme, i piccoli canali, la luce che gioca con le ombre a volte più scure a volte più chiare, a creare forme, immagini secondo quanto può suggerire la fantasia...
Ma certo mi piacerebbe scrivere tutto quello che mi gira dentro, che si agita, che mi coinvolge, che mi sconvolge, di cui sono convinto, che vorrei dire prima o poi...

(29 ottobre 2010)

mercoledì 29 febbraio 2012

Tutta una balla?


Ancora penso e ripenso alla brevità dei miei pensieri scorsi a cui accenno più in basso, in questa pagina, rilevando una certa ripresa nel numero di parole usate nel racconto del mio incontro ravvicinato con l’ultima pesca della stagione.
E ieri m’è balenata un’idea…non del tutto originale - perché forse avrei dovuto badarci già da un po’ – ma che spiegherebbe questa ritrosia e un po’ tirchieria nello sviscerare intuizioni e ragionamenti che si presentano qua e là senza preavviso e con alto, se non altissssimo, grado di concisione.
In effetti le mie dita, ultimamente, si muovono sulla tastiera del mio mac (lo dico così, non tanto per dire…) e non solo, con lentezza un po’ più che in precedenza; e considerando il fatto che ne uso solo alcune per portare avanti lo scritto lettera per lettera, parola per parola, pur riuscendo a battere sui tasti giusti anche senza guardare (…invidiosi, eh?), be’, forse il mio cervello ritiene di doversi adeguare alle mie riserve fisiche. Perché, diciamoci la verità, di energia nelle mani ne ho sempre meno e sempre meno è il materiale carnale a disposizione per lo stoccaggio di energie derivanti dal nutrimento che introduco ogni giorno tre… - minimo – volte al giorno con estrema attenzione e discernimento.
…O forse invece è tutta una balla inventata dal mio cervello per farmi credere che posso manifestare la mia espressività solo a condizione di avere un corpo funzionante, quanto meno, se limitato nelle sue manifestazioni, che possa mantenere un certo grado di funzionalità al di sotto del quale è consigliabile non scendere… E considerando che la Becker-distrofia è per sua naturale costituzione malattia propensa ad evolversi… come fanno tutte le piazze affari in quest’ultimo periodo (e mi chiedo se non sia ugualmente loro naturale costituzione piuttosto che crisi del momento…) e rimedio ancora non ce n’è (ma quando apriranno davvero gli occhi!…)…come dire…se la candela consuma illuminando la stessa cera di cui è composta, è utile prepararne un’altra prima di restare completamente al buio e senza la possibilità di tenere accesa la fiamma (certo, a meno che si abbia in qualche sperduta tasca almeno un cerino…).

(13 novembre 2008)